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Toro: se questo è un uomo.

Toro: se questo è un uomo.
Si, è proprio così. Partiamo dal titolo di un famoso libro capolavoro di Primo Levi. Attraverso la poesia, voleva rivolgere all’umanità intera un appello, affinchè non venga mai dimenticato ciò che è accaduto.

Lungi da me accostare i crimini dell’umanità ai crimini sportivi che Cairo e soci han cercato di commettere nei confronti di noi tifosi granata.

L’uomo Vanoli è entrato dalla porta principale portandosi dietro qualche certezza ( le due stagioni miracolose con il suo Venezia, portandolo il primo anno ad una miracolosa salvezza in B, promuovendolo in A nel secondo ) ma molti interrogativi. Noi, figli delle promesse mai mantenute. Noi, figli degli slogan societari, veri e propri inni al Paradiso, noi sognatori di traguardi di fatto mai raggiunti. Noi, figli delle sfuriate di Juric ma del brusco ribaltamento di fronte, deliziati dal “non ci serve più nessuno”.

L’Uomo Vanoli non aveva bisogno di ulteriore tempo per capire, per realizzare in quale dimensione si era tutto d’un tratto ritrovato per scommettere nuovamente su se stesso. Con tre quarti di squadra richiesta e messa a casaccio dall’ex tecnico serbo, ha sfoderato l’unica vera arma a sua disposizione, invidiata dai più: il lavoro.

Predisposizione al lavoro

Che sia mentale, che sia fisico, non poteva che tramutarsi nell’estrema dedizione alla cultura del gioco calcio. Veli e controveli, sciabolate, fraseggi a due tocchi e palla alle due punte finalmente comunicanti tra loro. Guai ad essere attendisti, guai a schiacciarsi in difesa poichè non si esprime gioco, lo si subisce. Il come raggiungere 4 punti contro due grandi protagoniste del nostro Campionato? Come esprimere quel gioco di costruzione nonostante la vendita di Bellanova, di Buongiorno, di Djidji e di Rodriguez? Inventando un capolavoro di tattica. Rispolverando delle doti nascoste di Vojovoda, da terzo in difesa contro il Milan e da quinto a braccetto contro l’Atalanta, investendo su un parametro zero quale Chè Adams che sforna due assist ed un goal in due partite, scommettendo ad occhi chiusi su Ricci e su Ilic, oggetti misteriosi del Toro di Juric. Per non parlare di Lazaro o del ritrovato Milinkovic Savic.

Tutto bello per esser vero, alla fin fine. Perchè il tifoso si ritrova in questa squadra costantemente bombardata dalla società, si ritrova nella grinta e nel carattere, nel voler superare l’ostacolo insormontabile con umiltà e con qualche insperata smania di protagonismo.

La voglia di protagonismo

Quel protagonismo che ci manca da tanto, da troppo tempo. Il Padre Tempo che ogni tifoso granata ha preso finalmente per gli attributi domenica fuori dallo stadio, sperando che possa una buona volta portare liete novelle.

Toro: se questo è un uomo..viviamocelo tutti insieme.

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